Soffiano inquietanti venti di guerra in queste settimane. Ma «una guerra mondiale c’è già», dice Alessandro Aresu.Che cosa intende?«Io mi occupo di guerra economica e tecnologica, e c’è una guerra, tra Usa e Cina, che è il tema del nostro tempo. La pandemia e le crisi degli ultimi 5 anni hanno dimostrato quanto questa guerra sia centrale, e riguarda le nostre vite: dai semiconduttori alle auto elettriche, dalla tecnologia militare a Tik Tok».Alessandro Aresu è consigliere scientifico della rivista Limes e ha lavorato per diverse istituzioni, dalla presidenza del Consiglio al ministero dell’Economia. Oggi sarà ospite del Festival Città Impresa a Vicenza, alle 18 a Palazzo Gualdo, e dalle 20.30 a Palazzo Festari a Valdagno a presentare con il team Guanxinet il suo libro “Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia” (Feltrinelli, p. 254).Aresu, perché parla di «guerra invisibile»?Perché ci sono delle filiere, e delle aziende, che sono le cose più importanti del mondo, oggi, ma non ricevono sufficiente attenzione. Viviamo in Europa ma se vai al bar nessuno sa cos’è Asml.Possiamo ricordarlo qui.Asml, dei Paesi Bassi, è la più importante azienda tecnologica europea, senza la quale non è possibile realizzare alcun dispositivo digitale avanzato, a partire dai telefonini.Questa guerra tecnologica è feroce: segna la fine della globalizzazione?La globalizzazione non è finita. Per realizzare gli oggetti delle nostre vite – un’auto, uno smartphone – serve il lavoro di tante aziende. L’interdipendenza economica è insuperabile, solo che non vale sempre e con chiunque. Su certi prodotti ne accettiamo molta, su altri ci chiediamo se ha dipendere da altri, e chi sono questi altri. Due forze interagiscono: l’interesse economico e la sicurezza nazionale. E chi costruisce il “gioco”, su queste forze, sono i governi di Usa e Cina.Lei scrive che la Cina scommette sul «suicidio degli Usa». D’altra parte l’ascesa cinese non è lineare. Due facce della stessa medaglia?I cinesi vedono negli Usa una debolezza politica e sociale: la difficoltà di essere un riferimento dell’ordine internazionale; di dare benessere alla classe media; forti divisioni culturali al loro interno. Gli Usa vedono la Cina con una lente ideologica: siccome è un sistema autocratico, prima o poi crollerà. Ma oggi il problema cinese è un altro, la frenata economica. Ogni parte lavora per accentuare le debolezze dell’altra.La Cina lo fa anche vietando i social network americani, mentre il cinese Tik Tok mette in crisi la liberale America. Non è una partita ad armi pari.Ovviamente i due sistemi sono diversi: in Cina c’è il partito unico, negli Usa la democrazia. Ci sono comunque aziende americane che operano normalmente in Cina, ad esempio nell’elettronica, ma se sei un’azienda di comunicazione non è possibile, perché là non c’è la libertà di espressione. Anni fa Google e Facebook volevano entrare nel mercato cinese, ma il governo di Pechino avrebbe controllato i loro contenuti, e non se ne fece nulla.Ora gli Stati Uniti riprovano a mettere fuori gioco Tik Tok. È una delle declinazioni del «sanzionismo» di cui parla nel libro. Ci riusciranno?Prima di Tik Tok c’era una divisione del lavoro su scala globale, due sfere – americana e cinese – con aziende diverse. Tik Tok è un caso politico e giuridico perché ha violato questa divisione. L’amministrazione Trump provò a bandire Tik Tok con “interventi esecutivi”, ma erano fatti male, perciò furono inefficaci. Ora gli Usa ci riprovano con un intervento legislativo. Vedremo.«Tutti vogliono diventare esperti di intelligenza artificiale ma dimenticano la microelettronica», scrive nel libro. Quanto conta la materialità nello sviluppo tecnologico?Il digitale “è” materiale. Se un satellite viene sabotato o se dei cavi sottomarini vengono tagliati, il modo con cui noi comunichiamo e viviamo cambia, perché tutto si basa su infrastrutture.E come stanno Cina e Usa nella capacità di avere le materie e di gestirle?Si parla molto di materie critiche e di terre rare, ma attenzione: la materialità non è solo l’approvvigionamento di nichel, litio, silicio, ma è la capacità di trasformarli. Il valore aggiunto è la chimica. Il capolavoro della Cina verso il primato nella mobilità elettrica sta nell’aver investito nell’approvvigionamento e anche nella chimica. Così domina la filiera delle batterie. D’altra parte gli Stati Uniti detengono il primato nella filiera dei semiconduttori, che sono ovunque: dai computer agli smartphone alle auto.Questo sarà “il secolo cinese” come profetizza qualcuno?Le previsioni lasciano il tempo che trovano. Nel mondo che già vediamo, l’Asia orientale è il centro del pianeta, dove vive la maggior parte delle persone, dove ci sono la maggiore capacità manifatturiera e le più grandi storie di uscita dalla povertà: parlo di Cina, Sud-est asiatico, India, che per alcuni può essere l’alternativa alla Cina. È là il centro del mondo e lo sarà per i prossimi 30 anni.E l’Occidente?L’Occidente non è tutto uguale. Gli Stati Uniti sono ancora la principale potenza mondiale, il principale attore tecnologico e militare, guidano le trasformazioni dell’intelligenza artificiale e hanno il primato finanziario. Questa forza, intatta, insieme al ruolo manifatturiero dell’Asia centrale sono le due cose importanti di questa prima metà del secolo.Non parla dell’Europa.Si può primeggiare in alcuni settori, e lo facciamo, ma il centro del mondo non è qui.
Corriere di Bergamo / di Fabio Paravisi. A un certo punto a qualcuno scappa la parola «bufala». Ma, sono gli stessi relatori a ricordarlo, il termine risale ai tempi in cui le notizie false erano spacciate nei bar e nelle portinerie. (altro…)