Premio Letteratura d’Impresa 2024, scelta la cinquina finalista. Ecco i titoli

Al voto della giuria popolare andranno: “Il pozzo delle bambole” (Sellerio), di Simona Baldelli; “Licenziate i padroni” (Rizzoli), di Marco Bentivogli, “Michele Ferrero” (Salani), di Salvatore Giannella, “La modernità malintesa” (Marsilio), di Giuseppe Lupo; “Verità di famiglia. Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori” (La nave di Teseo), di Sebastiano Mondadori. La fase finale in autunno al prossimo Bergamo Città Impresa

Il Premio Letteratura d’Impresa 2024, giunto alla sua quarta edizione, si propone di favorire le produzioni editoriali, e come per le edizioni passate, con particolare attenzione alla qualità della scrittura, che raccontino e analizzino il mondo dell’impresa sia sotto l’aspetto tecnologico che delle questioni etiche e filosofiche ad essa connesse. Il Premio, promosso da ItalyPost, Fine Foods & Pharmaceuticals, Manini Prefabbricati e auxiell, ha lo scopo di favorire una crescita culturale, promuovendo una moderna cultura d’impresa in grado di stimolare lo sviluppo del tessuto industriale italiano ed in particolare delle PMI, nel rispetto di un’etica condivisa da tutti, imprenditori e manager, lavoratori e stakeholder, ciascuno per il proprio ruolo e le proprie responsabilità. Nella convinzione che un sistema generale di valori e identità riconosciuti sia il punto di partenza per costruire insieme un nuovo futuro. 

Si è riunita questo pomeriggio a Vicenza a Palazzo Chiericati la Giuria Scientifica del Premio che ha selezionato i 5 titoli che accederanno alla fase finale della selezione. I volumi scelti sono:

  • Simona Baldelli, Il pozzo delle bambole (Sellerio)
  • Marco Bentivogli, Licenziate i padroni (Rizzoli)
  • Salvatore Giannella, Michele Ferrero (Salani)
  • Giuseppe Lupo, La modernità malintesa (Marsilio)
  • Sebastiano Mondadori, Verità di famiglia. Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori (La nave di Teseo)

La giuria, presieduta da Piero Luxardopresidente di Luxardo, docente di Italianistica e già direttore del Premio Campiello, era composta inoltre da diverse personalità del mondo dell’impresa, della scienza, del giornalismo e dell’Università: Marco Bettiol, docente di Economia e Gestione delle imprese Università di Padova, Giovanni Costa, docente Organizzazione aziendale e Strategia d’Impresa Università di Padova, Gregorio De Felice, chief economist Intesa Sanpaolo, Enrica Acuto Jacobacci, vicepresidente e amministratore delegato Jacobacci & Partners, Sonia Malaspina, corporate affairs, communication e sustainability director Danone, Daniele Manca, vicedirettore Corriere della SeraGiuditta Marvelli, giornalista Corriere della Sera, Franco Mosconi, docente di Economia Industriale Università di Parma, Ivana Pais, Università Cattolica, Milano, Marco Panara, giornalista, Anna Rita Rustici, direttore marketing Manini Prefabbricati, Anna Sartorio, giornalista e direttore relazioni esterne BasicNet, Francesco Timpano, Università Cattolica, Piacenza, Luca Vignaga, amministratore delegato Marzotto Lab, Federico Visentin, presidente Mevis, Fondazione Cuoa e Federmeccanica.

Il Premio Letteratura d’Impresa entra ora nella fase finale: le 5 opere saranno esaminate dalla Giuria dei Lettori, composta da imprenditori, docenti, rappresentanti delle associazioni di categoria e giovani laureandi, chiamati a partecipare alla votazione per decretare il vincitore del Premio in occasione della prossima edizione del Festival Città Impresa di Bergamo, in autunno, dove si terrà infatti la Cerimonia di Premiazione del titolo vincitore. 

LA CINQUINA FINALISTA: OPERE E AUTORI

Il pozzo delle bambole (Sellerio), di Simona Baldelli

Libro. Nina viene abbandonata nella ruota degli esposti di un brefotrofio nell’immediato dopoguerra. La vita è dura, il confine fra disciplina e oppressione è molto sottile e le punizioni corporali e psicologiche sono parte integrante del sistema di educazione. Quando Nina compie sette anni, arriva Lucia, che ha la sua età e non possiede la scorza necessaria per salvarsi dall’insensata cattiveria delle monache. Nina si sente in dovere di difenderla. Insieme all’amicizia, scopre la differenza fra ciò che è giusto e ingiusto, e si acuisce in lei il senso di esclusione. Oltre le mura dell’istituto c’è un mondo al quale loro non hanno accesso e dove accadono fatti clamorosi – la nascita della televisione, il rivoluzionario discorso di un reverendo nero, l’assassinio di J.F.Kennedy, dighe che straripano e trascinano a valle migliaia di corpi, la morte del papa buono. Quando a diciott’anni Nina esce dal brefotrofio trova davanti a sé un continente inesplorato. La sua vita sembra iniziare da capo: viene assunta come operaria alla Manifattura, il grande tabacchificio di Lanciano. Qui incontra nuove amiche, con loro partecipa a manifestazioni e scioperi e alla storica occupazione della Manifattura e dell’intera città di Lanciano, nel maggio del 1968, durata per ben quaranta giorni. Le vicende private e sentimentali delle ragazze si mescolano a quelle pubbliche, tutto attorno l’Italia cambia, pare lasciarsi indietro l’oscurità del passato, scopre i consumi e le réclame, la moda e le prime utilitarie, mentre le radio a transistor raccontano una trasformazione dei costumi a tempo di canzoni. La colonna sonora di ciò che poteva essere e non è stato.

Autore. Simona Baldelli è nata a Pesaro e vive a Roma. Il suo primo romanzo, Evelina e le fate (2013), è stato finalista al Premio Italo Calvino e vincitore del Premio Letterario John Fante 2013. Tra i suoi libri ricordiamo Il tempo bambino (Giunti 2014), La vita a rovescio (Giunti 2016), L’ultimo spartito di Rossini (Piemme 2018). Con Sellerio ha pubblicato Vicolo dell’Immaginario (2019), Fiaba di Natale. Il sorprendente viaggio dell’Uomo dell’aria (2020) e Alfonsina e la strada (2021).

Licenziate i padroni (Rizzoli), di Marco Bentivogli

Libro. «Lavoro: cambia tutto.» Quante volte lo abbiamo sentito dire sulla scia delle grandi trasformazioni che hanno investito il mondo produttivo. Eppure in Italia le dinamiche del rapporto lavorativo restano ancorate a vecchi concetti padronali, anche quando non di padroni/proprietari si parla ma di capi, capetti, manager e direttori delle risorse umane, che della mentalità e dei comportamenti padronali hanno preso tutto il peggio. È contro di loro che Marco Bentivogli si scaglia in questo libro, un libro che è un grido di rabbia: rabbia contro i «padroni» mediocri, rabbia per un Paese con molti capitali e pochi capitalisti, dove la ricchezza si eredita e il «capitalismo relazionale» fa sì che nelle aziende vengano cooptati i fedelissimi e gli amici degli amici che hanno frequentato le stesse scuole e gli stessi circoli. E questo non vale solo per il mondo delle imprese private: vale anche per quelle pubbliche, per la politica, il sindacato, le associazioni, la pubblica amministrazione… Questo però non è un libro per «difendersi» dai padroni. È il manifesto di una frustata culturale a una grande finzione: bisogna al più presto licenziare questa moderna cultura aziendale che di moderno ha solo le etichette. Qui troverete una denuncia senza mezzi termini dell’«abuso d’ufficio» che permea il nostro terziario e un’accusa ai capi «cane pastore» con l’ossessione del controllo, un controllo che serve solo a nutrire il narcisismo di chi lo esercita, ma che soffoca la produttività e insieme il «BenVivere» (meglio del benessere) delle persone. Troverete anche una riflessione sul senso del lavoro, sulla sua dimensione comunitaria – e dunque sulla necessità di inglobare all’interno di esso la «cura» (per se stessi e per gli altri) –, sulla responsabilità sociale dell’impresa e sulle sue concrete applicazioni. E infine uno sguardo sul futuro, che è già presente, in cui saper riconoscere oltre ai rischi anche le opportunità dell’intelligenza artificiale, che potrà aiutarci a potenziare ciò che nel lavoro costituisce la nostra prerogativa essenziale: la nostra umanità.

Autore. Marco Bentivogli è coordinatore nazionale della startup civica indipendente Base Italia. Esperto di politiche del lavoro e innovazione industriale, fino al 2020 è stato segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici Cisl, seguendo tutte le grandi vertenze industriali (da Fca a Ilva) e le trattative del contratto dei metalmeccanici. È stato componente della Commissione sull’intelligenza artificiale istituita presso il ministero dello Sviluppo economico. Ha scritto Abbiamo rovinato l’Italia? Perché non si può fare a meno del sindacato (Castelvecchi 2016), Europa, non rimanere da sola, con José «Pepe» Mujica (Castelvecchi 2019), Fabbrica futuro, con Diodato Pirone (Egea 2019), Indipendenti. Guida allo smart working (Rubbettino 2020) e Il lavoro che ci salverà (San Paolo 2021). Per Rizzoli è uscito nel 2019 Contrordine compagni, ora nel catalogo Bur.

Michele Ferrero (Salani), di Salvatore Giannella
 
Libro. Le intuizioni geniali, la visione internazionale, la capacità di ascoltare gli altri. L’attenzione certosina alla qualità dei prodotti, alle esigenze dei consumatori, al benessere dei dipendenti. L’invenzione di sistemi di produzione innovativi. L’amore per la famiglia e per la sua terra. La grande riservatezza e l’umiltà. La cura verso i valori umani, la responsabilità sociale. Michele Ferrero – il papà della Nutella e di decine di altre delizie amate in ogni angolo del pianeta – è stato non soltanto uno dei più grandi imprenditori italiani. È stato l’artefice di un modo di fare impresa che ha messo al centro la persona, secondo il motto ‘lavorare, creare, donare’. Ha imparato le basi artigiane dal padre Pietro, l’importanza dell’organizzazione commerciale dallo zio Giovanni, il senso dell’azienda dalla madre Piera, che negli anni Quaranta riuscirono a trasformare una pasticceria di Alba in una fabbrica. Subentrato al padre, scomparso prematuramente nel 1949, ha guidato l’azienda – con il sostegno costante della moglie Maria Franca – verso una crescita esponenziale. La Ferrero ha varcato i confini nazionali fino a diventare, anno dopo anno, una delle aziende più importanti e più apprezzate a livello globale. Un vero mito. Come si racconta la vita di un uomo che si è tenuto sempre lontano dai riflettori, lasciando parlare unicamente il proprio lavoro? Giannella ci è riuscito intervistando decine di persone che hanno vissuto fianco a fianco con ‘il signor Michele’. Ne è uscito un ritratto entusiasmante, che ricostruisce i traguardi storici di un’avventura inimitabile.
 
Autore. Salvatore Giannella (Trinitapoli, 1949) ha una lunga carriera giornalistica, iniziata negli anni Settanta con il settimanale Oggi. È stato direttore dell’Europeo tra il 1985 e il 1986, di Airone dal 1986 al 1994. Tra i riconoscimenti ricevuti, il premio Zanotti Bianco, consegnatogli nel 1978 da Sandro Pertini, e nel 2007 la medaglia d’oro del comitato scientifico internazionale del centro Pio Manzù presieduto da Mikhail Gorbaciov. Paulo Coelho lo ha definito ‘cronista della luce’.
 
La modernità malintesa (Marsilio), di Giuseppe Lupo
 
Libro. «Secolo breve», «epoca di speranze e tragedie», «età della fine delle ideologie». Sono tante le definizioni del Novecento nel terzo millennio, in quella geografia enigmatica e indecifrabile che è il postmoderno. Demonizzato o santificato, incolpato o assolto, ha impresso una svolta epocale a economia e politica, ha inciso nel tessuto culturale e sociale del nostro paese, infrangendo equilibri secolari, mandando in frantumi la linea di continuità tra passato e futuro. Fino al salto decisivo: il tramonto della civiltà contadina e l’avvento dell’industrializzazione. Attraverso snodi e fenomeni della storia italiana Giuseppe Lupo, appassionato studioso della stagione del boom economico, ripercorre il «paradigma interpretativo del moderno», dando voce alle sue figure più rappresentative, da Vittorini a Testori, da Fortini a Mastronardi, da Calvino a Pasolini. Facendo luce sul controverso rapporto fra umanesimo e scienza nella narrativa di fabbrica e nei periodici aziendali del secondo dopoguerra – da Donnarumma all’assalto di Ottiero Ottieri a Memoriale di Paolo Volponi, dalla rivista «Pirelli» a «Civiltà delle Macchine» –, approda al «realismo liquido» odierno, dominato dalla fine di quel proletariato che un tempo pareva marciare compatto e oggi sembra invece fragile e desueto. Se persone comuni ed élite intellettuali hanno reagito spesso con disagio e diffidenza a oscillazioni e problematiche che il vento del progresso ha portato con sé, forse è arrivato il momento di invertire la rotta. Di far riemergere dal sottosuolo in cui è rimasta nascosta una controlettura della modernità, originale, alternativa, progettuale, che aspiri a modificare il mondo, a «recidere il cordone ombelicale con il secolo terribile e maestoso di cui ci sentiamo ancora figli».
 
Autore. Giuseppe Lupo (Atella, 1963) insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università Cattolica di Milano. Per Marsilio ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi Gli anni del nostro incanto (2017, Premio Viareggio), Breve storia del mio silenzio (2019, selezionato nella dozzina del Premio Strega), Tabacco clan (2022). Ha curato, sempre per Marsilio, Moderno Antimoderno di Cesare De Michelis (2021). È autore di diversi saggi sulla cultura del Novecento e collabora con «Il Sole 24 Ore».
 
Verità di famiglia. Riscrivendo la storia di Alberto Mondadori (La nave di Teseo), di Sebastiano Mondadori
 
Libro. Alberto è il primogenito, il figlio intellettuale e poeta, l’erede designato che non prenderà mai il posto del padre, Arnoldo Mondadori. “Pazzo di idee e prodigo di impossibile”, Alberto Mondadori ha fatto di tutto per sfuggire al suo destino di editore, senza cogliere forse quale grande editore era nel frattempo diventato: prima alla Mondadori a fianco del padre, in una tormentata storia di fughe e ritorni, poi dal 1958 nell’impresa del Saggiatore, la scommessa impossibile su cui giocherà tutto se stesso. I sogni e le ossessioni, la grandezza e la grandeur finiscono per coincidere nello sguardo smisurato del visionario e del suo mondo di feste mobili e promesse di successi accanto alla bellissima moglie Virginia: una coppia hollywoodiana perdutamente votata all’infelicità. Un uomo bigger than life con una vita divorata da passioni, eccessi, intense amicizie e tradimenti improvvisi. Le visite al Vittoriale per consegnare di persona le bozze a D’Annunzio; l’avventura giovanile nel cinema con l’inseparabile cugino Mario Monicelli; l’infatuazione per il giornalismo e le corrispondenze di guerra; la vacanza a Cortina con Hemingway; le sbronze con Orson Welles e con Jack Kerouac; il viaggio in Unione Sovietica con Sartre e la de Beauvoir. E poi la rivalità con Einaudi e Feltrinelli; le riunioni con Argan e Bianchi Bandinelli, Paci e Cantoni al fianco di Giacomo Debenedetti; gli incontri segreti con Vittorini; il lungo rapporto con Thomas Mann, Ungaretti e Palazzeschi; la cura spasmodica per i libri e il lavoro indefesso con i suoi autori: da Buzzati ad Arpino a Tobino, da Faulkner a Genet a Lévi-Strauss; la lunga battaglia per affermarsi come editore di sinistra. E la maledizione dei soldi che non bastano mai. Tanti, tantissimi, fino al tracollo. Alla ricerca di questa grandezza perduta, Sebastiano Mondadori ripercorre daccapo la storia del nonno. Una biografia che diventa memoir nella fedeltà impietosa al passato attraverso lettere inedite, foto, aneddoti e ricordi collezionati negli anni come impronunciabili verità di famiglia.
 
Autore. Sebastiano Mondadori è nato a Milano nel 1970, vive da anni in Toscana. Ha scritto nove romanzi (da Gli anni incompiuti, 2001, premio Kihlgren a Il contrario di padre, 2019); il libro-intervista La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli, 2005, premio Efebo d’Oro; il saggio autobiografico con Salvatore Veca Prove di autoritratto, 2020; la raccolta poetica I decaloghi spezzati, 2021.
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