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Marcegaglia: «I dazi non sono mai la soluzione Ora più Europa»

«L’Europa deve integrarsi di più, avere una politica industriale basata sull’innovazione, sulla capacità delle imprese di essere competitive, un mercato unico dei capitali, un prezzo unico dell’energia. E dobbiamo farlo velocemente». Per Emma Marcegaglia la vittoria di Trump è «una sveglia» per il Vecchio Continente. Impossibile prevedere le mosse del presidente eletto. Certo, i dazi del 10-20% promessi per le imprese europee sarebbero un problema.

«Goldman Sachs stima che ci potrebbe essere, come effetto cumulato negli anni, un -0,5% di crescita del Pil europeo. Ma, volendo essere realisti, se gli Stati Uniti adesso importano 500 miliardi di dollari di merci non riusciranno improvvisamente a produrre tutto da soli. Trump userà le tariffe come strumento negoziale per ottenere qualcosa in cambio. L’inflazione negli Stati Uniti salirà e i prodotti europei e italiani si venderanno lo stesso», afferma la presidente e ad di Marcegaglia Holding intervistata ieri dal vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca, in apertura del Festival Città Impresa a Bergamo. Le imprese italiane d’altronde hanno imparato da tempo a rispondere agli shock e sono molto più flessibili di quelle degli altri Paesi, come ha evidenziato anche Eugenio Puddu di Deloitte. L’aspetto più preoccupante della seconda presidenza Trump per l’ex presidente di Confindustria è «la presenza invasiva di Elon Musk». Una preoccupazione condivisa da Paolo Magri, presidente del comitato scientifico dell’Ispi che ha posto l’accento sul rischio che i Paesi Ue si muovano in ordine sparso. «Difficile immaginare che non ci sia una pressione sui nostri leader. Il punto è far sì che i rapporti Letta e Draghi non siano i più citati al mondo ma i più implementati», ha sottolineato Magri. «L’idea che si possa diventare più forti isolandosi all’interno dell’Europa è una sciocchezza — ha aggiunto Marcegaglia —. Trump cercherà di trattare con ogni singolo Paese, ma se ognuno va per conto suo perdiamo tutti».

Guardando alle prospettive macroeconomiche, il protezionismo rafforzerà la crescita americana ma allo stesso tempo l’inflazione tornerà a correre. E questo potrebbe spingere la Fed a rivedere il percorso di riduzione dei tassi, ha evidenziato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. Nell’Eurozona i dati restano più deboli delle attese. Il ritardo nella ripresa dei consumi potrebbe obbligare la Bce a tagliare i tassi più del previsto, a meno che il dollaro non si rafforzi troppo. A rendere più incerto lo scenario è anche la crisi tedesca. Una Germania debole, sia sul fronte economico che su quello politico, non è un bene per l’Europa. Su questo punto ha insistito Monica Poggio, presidente della Camera di commercio italo-germanica, evidenziando che più che alzare muri l’Unione europea deve guadagnare autonomia strategica. Più pessimista Giuseppe Pasini, presidente del gruppo Feralpi, secondo il quale ai dazi si può rispondere solo con altri dazi.

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