Bonotto: «L’innovazione non deve mai prevaricare l’uomo, ed essere collegati “wi-fi” alla contemporaneità permette produzioni sia di respiro internazionale sia di “italianità”»
I luoghi, i non luoghi e i luoghi «del no». La geografia del Veneto contiene ricchezza e degrado, bellezza e abbandono.
Qui la natura soffoca negli eccessi dell’urbanizzazione, lì si aprono scorci che lasciano senza fiato. Le fabbriche, poi, luoghi di lavoro e di produzione, luoghi che garantiscono ricchezza ma dove l’uomo rischia di essere secondo alla macchina. Come raccontare questo patrimonio di contraddizioni? Quale filo conduttore lega gli estremi? A dare una risposta ci ha provato, riuscendoci, lo scrittore Vitaliano Trevisan.E ci proveranno anche i protagonisti della serata omaggio all’autore in programma sabato. Un appuntamento in cui si toccheranno diversi temi della contemporaneità e che vedrà tra i protagonisti il fondatore di “Aspro Studio” Claudio Bertorelli e Giovanni Bonotto, direttore creativo della Bonotto di Colceresa e ideatore della Fabbrica Lenta. Proprio dalla sua esperienza partirà Bonotto, per rimarcare quanto sia indispensabile mettere l’uomo al centro del fare impresa. «Parlerò della lotta quotidiana tra la standardizzazione e l’innovazione umana – spiega – e della necessità che l’uomo non si faccia governare dal processo industriale ma sia lui stesso a governare la macchina».Non prevaricare l’uomo Restare umani, insomma, nonostante l’incalzare delle produzioni, del progresso, della concorrenza. «Certo, l’innovazione sta alla base del nostro futuro – sottolinea Bonotto – ma non deve mai prevaricare l’uomo». E chi può aiutare l’uomo in questa sfida al mantenimento della sua essenza? Bonotto non ha dubbi: «È la cultura l’ente supremo di questo processo. Dobbiamo essere in “wi-fi” con la cultura del contemporaneo, in modo da parlare tutti la stessa “lingua” e creare prodotti che al cliente interessino». Ma prodotti ben precisi, che al tempo stesso siano di respiro internazionale ma facciano apprezzare in tutto il mondo la loro intrinseca italianità, senza perdersi in quello che Bonotto definisce «l’alfabeto dialettale della provincia». Ed è questa proprio la sfida che il direttore creativo ha lanciato da tempo con la sua Fabbrica Lenta. Un modo di lavorare che riporta alle origini della produzione tessile, per contrastare la produzione massiva e la “dittatura” della quantità sulla qualità.I luoghi Durante la serata ci sarà spazio anche per approfondire non soltanto le sfide della contemporaneità ma anche i luoghi del contemporaneo. Quei luoghi di cui Vitaliano Trevisan è stato «cantore», come sottolinea con forza l’ispiratore dell’incontro di sabato Claudio Bertorelli: «Il suo canto non riguardava i paesaggi del bello – afferma – piuttosto raccontava i paesaggi del “no”. Che non sono i “non luoghi”, i quali non hanno sapore, ma i luoghi della fatica, per i quali aveva un interesse naturale. L’idea alla base della serata è proprio quella di condividere questo senso». Un senso che porterà i partecipanti in una sorta di viaggio spirituale e critico nel Veneto, una regione nella quale negli anni ha preso piede un sistema che «nel bene e nel male ha distribuito ricchezza». «Qui la produzione si è polverizzata in tutto il territorio, non in un’unica area o più zone ben precise – dice Bertorelli – e certo non sono mancati gli abusi» Anche in questo caso, come per la produzione industriale, è necessario ritrovare il senso. E, su questo, ancora una volta si torna al “mantra” dell’importanza della riqualificazione. «Lavorare sui paesaggi del no significa anche mettere al centro l’urgenza della riqualificazione delle aree dismesse – chiude Bertorelli – In un modo ben preciso: tutto questi paesaggi, infatti, non vanno rimossi, ma prima vanno assunti e poi riqualificati. Vitaliano è stato un grande Caronte traghettatore di questo modo di vedere».