La difesa come nuova priorità dell’Europa. E per finanziarla, il meccanismo del debito comune già introdotto per far fronte alla pandemia. È questa la visione che emerge sul futuro dell’Europa dal dibattito tra Angelo Panebianco, professore emerito dell’Università di Bologna e politologo, e Francesco Giavazzi, professore emerito della Bocconi, che ha chiuso l’edizione vicentina di quest’anno del Festival Città Impresa, dedicato proprio a comprendere in quali scenari geopolitici si muovono le imprese e con quali strategie affrontarli.
“L’Europa viene da 80 anni di pace garantita dall’ombrello americano e di conseguenza ha disinvestito nella difesa per potenziare il welfare, il mercato e la moneta unica. Ma oggi, con la spinta isolazionista americana emersa in diverse elezioni, serve rimettere al centro il tema della difesa del continente”, ha spiegato Panebianco. Una sfida da affrontare in modo comune, anche se una comunità europea di difesa non si è mai fatta. “Vista la taglia delle potenze che si devono affrontare, non può funzionare una ricerca autonoma di salvezza, ma devono prevalere tendenze centripete tra i Paesi Ue”. Sul tema gli fa eco Giavazzi: “Sulla sicurezza non ha senso che ciascun paese spenda da solo. Serve un investimento comune dell’Ue e solo se c’è unanimità si riesce a procedere velocemente”.
Un processo che può essere possibile, secondo l’editorialista del Corriere della Sera, attraverso la soluzione del debito comune già sperimentato in epoca di pandemia quando l’Ue ha investito il 12% del Pil. “Oggi è ancora un tabù, ma è un errore se si considera il fatto che il debito dei paesi durante le guerre è sempre andato alle stelle ed è sceso poi in tempo di pace”, precisa Giavazzi. In tempo di guerra “non ci deve essere il timore di non farlo alzare, per lasciare un’Europa libera ai nostri figli e nipoti. Dire non investiamo nella difesa o nella transizione verde perché incide sul debito è sbagliato”. “L’operazione Europa riesce se sviluppa una doppia lealtà per il Paese e per l’Unione Europea – sottolinea Panebianco – Il problema maggiore è che a un norvegese non importa dei pericoli che può correre l’Italia o alla Spagna non interessa dei pericoli per i paesi baltici”. Una battuta, poi, sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, vista dai due editorialisti come “un costo per l’Europa che ha perso una voce importante e più liberista al tavolo”.
Il dialogo tra i due editorialisti, seguito dall’intervento del teologo e filosofo Vito Mancuso a proposito di etica e intelligenza artificiale, hanno tirato le somme della 17esima edizione del Festival Città Impresa a Vicenza dedicata, come sottolineato nel titolo, ai “nuovi equilibri geopolitici” e alle “nuove strategie di crescita”, tematiche approfondite nei circa 50 incontri con imprenditori Champions, esperti economisti e politologi.
“Siamo molto soddisfatti del successo anche di questa edizione del Festival – commenta la curatrice del Festival Città Impresa, Alessandra Pizzi –. L’attenzione che tanti media nazionali, ma anche molti locali, hanno dedicato ai temi e ai protagonisti della manifestazione testimonia la vivacità di contenuti che le decine di imprenditori ed esperti che sono intervenuti hanno saputo portare all’attenzione dei quasi cinquemila partecipanti”.
“L’unico rammarico – sottolinea ancora Alessandra Pizzi – riguarda la scarsa sensibilità delle principali associazioni di categoria che dovrebbero rappresentare quel mondo imprenditoriale che è stato protagonista del Festival, ma anche da parte del mondo istituzionale locale che sembra non credere fino in fondo all’importanza che il Città Impresa rappresenta per la città e la provincia di Vicenza”.
“Nel ringraziare invece gli ordini professionali di avvocati e commercialisti, CNA, i ristoratori e gli albergatori che hanno accolto gli ospiti, nonché il Giornale di Vicenza che ha seguito con grande attenzione il Festival, dobbiamo comunque prendere atto di questo disinteresse e valuteremo nelle prossime settimane se trasferire il Città Impresa da Vicenza in un’altra città veneta o in una realtà industriale emergente emiliana”.