Il giornale di Vicenza / 12 settembre 2020
«Ci troviamo in un momento particolare, con il trauma del Covid con cui fare i conti.
C’è chi vede le risorse del Recovery Fund come se fossero il Paese di Bengodi, ma se da un lato è positivo che arrivino risorse, dall’altro è anche vero che da soli i soldi non risolvono i problemi: serve una visione e un progetto condiviso e collettivo di trasformazione del paese. E uno degli ingredienti fondamentali per qualsiasi progetto di paese è il capitale umano. Che vuol dire non solo formare, ma anche includere le persone nei processi. È un’occasione che non possiamo sprecare. Nel Recovery Fund c’è molto capitale umano».Così il ministro dell’Università Gaetano Manfredi è intervenuto ieri pomeriggio al Cuoa per l’incontro di apertura del 13° Festival Città Impresa, dedicato proprio al tema del capitale umano. Protagonisti, con il ministro, anche rettori di atenei (Michele Bugliesi di Venezia, Roberto Pinton di Udine, Donata Gottardi prorettrice di Verona, Giovanni Perrone del Dipartimento ingegneria di Palermo), il presidente di Fondazione Cuoa Federico Visentin e il presidente del Cesar di Confartigianato Vicenza Carlo Pellegrino.Da tutti è arrivato una sorta di appello corale a creare maggiore sinergia tra università e impresa. Un processo nel quale tutti possono “fare di più”, anche le imprese attraverso uno sviluppo del finanziamento privato alla ricerca e all’istruzione, che oggi, ha sottolineato Bugliesi, è ancora poco diffuso.
IL CONTRIBUTO DELLE IMPRESE. «Dobbiamo portare l’università nella società – ha convenuto Manfredi -. Serve un contributo da parte delle imprese a far crescere la competenza del paese, perché se abbiamo un paese più competente si può anche fare impresa in modo migliore. Dobbiamo fare uno sforzo comune per far crescere una cultura diffusa, a vantaggio di tutti. Anche i piccoli imprenditori devono capire che hanno bisogno di competenza all’interno delle aziende, che vuol dire anche sviluppare una visione più attenta dell’andamento dei prodotti e dei mercati. È un salto di qualità per il quale l’università può dare il suo contributo». Una difficoltà, ha spiegato il presidente del Cesar Pellegrino, sta nel fatto che in molte piccole imprese fare formazione non è sentita ancora come una necessità: «Invece la formazione è fondamentale, a partire dall’imprenditore e poi dai collaboratori».Si tratta allora di avvicinare questi due mondi, ha ribadito Federico Visentin, anche nel campo della formazione continua, dove l’università può dare il suo contributo. La sfida, per il rettore Pinton, è quella di creare punti di incontro perché l’impresa possa capire quali sono le opportunità per creare validi percorsi formativi.
PUNTARE SUI GIOVANI. Pensare al capitale umano, comunque, vuol dire pensare alle nuove generazioni. «Dobbiamo rendere i giovani protagonisti – ha detto ancora il ministro Manfredi. Non dobbiamo dar loro ricette preconfezionate. Va definito un percorso, certo, ma lasciando spazi liberi all’esperienza e alla contaminazione di saperi. Anche il rapporto con l’impresa deve rientrare in questo progetto, attraverso percorsi flessibili di formazione per lasciare maggiore libertà di scelta ai ragazzi. Non significa che ognuno fa quel che vuole, ma che, all’interno di un progetto didattico, si inserisce una serie di esperienze che lo arricchiscono. Anche alle imprese del resto serve un capitale umano che non sia fatto solo di esecutori, ma di risorse che abbiano sviluppato una loro personalità». Resta da capire, in tempi di Covid, quanto spazio ci sia per questi princìpi. Manfredi resta ottimista: «L’università ha attraversato mille anni di storia e sarà capace di adattarsi ai cambiamenti».