Il mattino / 12 settembre 2020
L’intervista
«I segnali che arrivano dal mercato dicono che la ripresa è già in atto, ma l’Italia resta caratterizzata da un ritmo di crescita inferiore ai partner europei. Per una svolta vera occorrono riforme vere».
Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, oggi sarà tra i relatori di un convegno al Festival Città Impresa di Vicenza. Alle 18 parlerà al Teatro Comunale in un evento dal titolo: “Le incognite del dopo Covid. Ripresa lenta o veloce?».
Dottor De Felice, gli ultimi dati che arrivano dall’industria sembrano indicare che la situazione nel nostro Paese probabilmente è meno negativa di quanto si credesse. Concorda?
«Sicuramente ci sono segnali che la ripresa è in corso. A luglio la produzione industriale è cresciuta del 7, 4% su base mensile, battendo le attese degli analisti. Rispetto ai livelli di gennaio, la produzione industriale in Italia è calata del 7%, meno che in Francia e Germania».
Quindi potrebbe aver ragione il ministro Roberto Gualtieri, che da settimane dice di attendersi per l’intero 2020 un Pil in calo a una cifra percentuale?
«È una stima che condividiamo. A nostro avviso il PIL nel terzo trimestre crescerà del 10% rispetto al secondo e il quarto metterà a segno un +4,4%, portando il dato annuo a –9,5%. Un trend che si presta a una duplice lettura: da un lato l’accelerazione in corso avrà un effetto di trascinamento sul 2021, che dovrebbe chiudere con un +6,5%, dall’altro alla fine del prossimo anno saremo ancora sotto del 3,6% rispetto ai livelli del 2019».
Il Triveneto è destinato a fare meglio o peggio?
«È presto per fare analisi di dettaglio. L’area risente delle dinamiche nazionali e internazionali, ma già in passato ha mostrato una grande capacità di innovazione, che potrebbe aiutarla a rialzarsi più rapidamente».
I fondi in arrivo dal Recovery Fund potrebbero, a suo avviso, portare una scossa benefica alla crescita?
«Gli oltre 200 miliardi di euro disponibili possono essere un volano per tornare a crescere su livelli che l’Italia non conosce da decenni. Pensi che il PIL di quest’anno è pari a quello del 1993. Tuttavia, l’erogazione delle risorse – tanto quelle a fondo perduto, quanto i prestiti – sarà soggetta a una serie di controlli. In sostanza, li riceveremo a patto di impiegarli in maniera proficua, cioè per avviare le riforme strutturali da tempo attese».
A cosa si riferisce in particolare?
«L’azione di politica economica dovrebbe perseguire tre direttrici principali: il rafforzamento del capitale umano, troppo basso nonostante un elevato capitale sociale; migliorare la produttività’del lavoro, che oggi è in crescita solo nell’industria, ma va peggiorando tanto sul fronte della Pa, quanto su quello dell’edilizia; infine, intercettare i megatrend internazionali, a cominciare dalla green economy. L’Italia è all’avanguardia in campi come la bioplastica e l’economia circolare: la sfida è diffondere su vasta scala le buone pratiche per diventare leader nella crescita sostenibile».
Una sfida per il legislatore, ma anche per le aziende. Le ridotte dimensioni del nostro sistema imprenditoriale spesso sono un ostacolo all’innovazione e alla crescita della produttività?
«Pesa purtroppo l’atteggiamento culturale di alcuni imprenditori, che ancora preferiscono l’individualismo alla capacità di fare rete. Le condizioni dei mercati rendono difficile proseguire su questa strada. Sul fronte legislativo, considerato che l’emergenza Covid ha convinto l’Ue a sospendere il divieto per gli aiuti di Stato, potrebbe essere l’occasione per rafforzare gli incentivi fiscali per chi si aggrega». —