Il Giornale di Vicenza / Settembre 2020
Stato e mercato, avversari sul ring o compagni di squadra? Tema sul quale si sono confrontati, l’altra sera, al ridotto del teatro comunale, rappresentanti dei mondi in prima linea nella tenuta del sistema economico, sociale e politico italiano.
L’occasione si è presentata con l’incontro “Stato e imprese. Davvero è possibile un ingresso a termine?” del festival Città impresa. A parlarne, Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la coesione territoriale; Luciano Vescovi, presidente Confindustria Vicenza; Vittorio Colao, guida della task force che ha redatto il piano per la ripartenza del Paese; Lorenzo Bini Smaghi, presidente Société Générale, Mariacristina Gribaudi, presidente Keyline e fondazione musei civici di Venezia; e Angelo Panebianco, editorialista del Corriere della Sera. Competenza, azione e responsabilità le urgenze emerse, con lo Stato chiamato a dare risposte efficaci. Anche in vista dei 209 miliardi di euro del Recovery fund, occasione che nessuno vuol vedere sprecata.
Lo Stato, secondo Provenzano, dev’essere un alleato nelle diverse partite aperte, tra cui quella della digitalizzazione delle reti. Il nodo è se sia attrezzato a farlo e la risposta del ministro per ora è pessimista. Da qui la convinzione che «immettere una nuova generazione nei ranghi dell’amministrazione pubblica, con competenze e qualità, non è statalismo, è l’esatto opposto. L’impresa ha interesse nell’avere di fronte un’amministrazione che sappia parlare con essa. Abbiamo una cattiva burocrazia perché non è più in grado di fare il suo compito. Dobbiamo semplificare». Ma come ci si attrezza? «È essenziale la ricostituzione della fiducia tra cittadini e istituzioni e c’è il bisogno dello sforzo di tutti, pubblico e privato. L’obiettivo comune è avere un’Italia più moderna, competitiva, più giusta».
Per le Pmi parla Gribaudi che chiede «uno Stato veloce, che capisca e condivida la nostra creatività e velocità di pensiero». Vescovi sottolinea il ruolo chiave delle imprese, ricordando le performance di importanti aziende vicentine, capaci di segnare decisi incrementi di produttività grazie anche «al piano 4.0 che ha spinto all’investimento». Imprese che, precisa, «in Italia hanno generato 460 miliardi di export nel 2019 e 60 miliardi di surplus commerciale, che è l’unica garanzia che in questo momento l’Italia ha nei confronti del mondo». Un modello positivo emerso anche nell’esperienza Covid.
«Il trucco è il contesto – sottolinea il presidente di Confindustria Vicenza – durante il Covid lo Stato, gli Spisal non si sono messi a fare i burocrati, ma hanno accompagnato le aziende e gli imprenditori si sono sentiti protetti. Con loro e altri funzionari pubblici preparati e intelligenti in Veneto abbiamo costruito un progetto di distretto territoriale industriale che un’enorme potenzialità ed è a servizio del Paese. In Italia abbiamo bisogno di recuperare uno spirito civico comune. Adesso ci sono 209 miliardi? Se sono soldi buttati in stupida beneficenza non ne vogliamo neanche un euro. Vogliamo soldi che generino lavoro vero per i giovani, e qui noi non troviamo giovani. Abbiamo bisogno di scuole di formazione».