Giornale di Vicenza -

«Serve un’Europa più forte e coesa Altrimenti rischia la democrazia»

In uno scenario geopolitico preoccupante e di sfide economiche sempre più complesse, c’è bisogno di un’Europa che conti in politica estera, vada oltre la logica dei veti, non blocchi l’innovazione e che allenti la stretta su tassi e l’approccio al debito. Un’Europa che imbocchi la strada dell’indipendenza energetica e che detti gli obiettivi per la svolta verde lasciando però che siano le imprese a decidere come raggiungerli. All’inaugurazione ieri al Cuoa della 17esima edizione del Festival Città Impresa, la protagonista è stata la debolezza dell’Europa. Dopo il saluto di Alessandra Pizzi, curatrice Festival e ad di Post Eventi, il capo economista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice ha posto l’accento sul fatto che a giugno la Bce inizierà il taglio dei tassi, favorendo investimenti, consumi e una ripresa nella quale l’Italia non è più fanalino di coda, anche grazie alla spinta del Pnrr. Gestire le incertezzeMa al di là della situazione economica, ciò che preoccupa le aziende è la possibilità di crescere in uno stato di incertezza costante. Se n’è parlato nel corso di due tavole rotonde in cui un’Europa forte è stata ritenuta necessaria non solo per la tenuta dell’economia del continente, ma anche della stessa democrazia. In Europa – ha detto Maria Cristina Piovesana, presidente di Alf Group- vige un’ideologia che non tiene conto dei Paesi manifatturieri e questo significa mettere a rischio il 30 per cento della produzione italiana; la democrazia si costruisce anche attraverso l’economia e la redistribuzione della ricchezza. Per questo bisogna saper raccontare la realtà delle nostre imprese. Un ruolo di cui secondo Sonia Sandei, presidente di Confindustria Genova, si dovrà fare carico la futura Confindustria nazionale che dovrà svolgere un ruolo importante nella definizione delle regole europee che impattano sulle imprese. Certo non tutto dipende dall’Europa. Tra i problemi più gravi che l’Italia deve affrontare ci sono il calo demografico e la fuga all’estero dei giovani che non trovano più attrattivo il Paese. E Piovesana ha strappato l’applauso del pubblico dove sedevano molti giovani quando ha avanzato la sua proposta per invertire la rotta: cambiando il rapporto tra capitale e lavoro, basandolo su standard Esg favorendo la partecipazione dei lavoratori nei cda. Competere in un mondo che cambiaAllargando lo sguardo, la più grande minaccia per le imprese è però rappresentata da una situazione geopolitica fondamentale per lo sviluppo della nostra economia ma sempre più preoccupante, come hanno sottolineato Enrico Marchi, presidente di Banca Finint, Gruppo Save e Nem-Nord Est Multimedia e Emma Marcegaglia, a capo della holding di famiglia. Se dal rapporto con la Cina, potenza dell’acciaio, delle rinnovabili e dell’hi-tech non si può prescindere – ha detto Marcegaglia – la Russia che sta agendo fuori da ogni logica internazionale è destinata a rimanere isolata per molto tempo. Una posizione condivisa anche da Marchi per il quale oggi tutto si gioca nella sfida tra democrazie e autocrazie e dove l’Europa spicca nel ruolo di grande incompiuta da quando la Francia ha votato contro il progetto di una difesa comune. Una logica da superare quella dei veti – ha aggiunto Marchi – per evitare che siano le minoranze a dettare la politica. Intanto l’Europa fa in conti con un serio problema di competitività, con il rischio della deindustrializzazione e della conseguente tenuta democratica, per questo per Marcegaglia bisogna puntare sull’indipendenza energetica, sul superamento del principio di precauzionalità che frena l’innovazione e favorire un mercato unico dei capitali, l’unione bancaria e l’emissione di eurobond senza dimenticare – ha aggiunto Marchi – la necessità di investimenti in difesa, anche in considerazione del ruolo nella Nato degli Usa dove si riaffaccia la possibilità di una vittoria di Trump che promette nuovi dazi. I Paesi europei, dunque, devono remare dalla stessa parte per costruire l’Europa che ci è necessaria. E a livello nazionale lo stesso vale per l’influenza che può esercitare il Nord Est: «Possiamo contare a livello nazionale, ma non serve lamentarsi – ha concluso Marchi – bisogna essere influenti, anche a livello sociale, e i giornali costituiscono un’infrastruttura sociale».

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